
Tra fine agosto e inizio settembre continuavo a girare attorno al parallelismo tra guasto tecnico e malattia mentale. Non avevo ancora deciso quale mezzo di espressione usare, ma la ricerca si faceva sempre più interessante. Stava prendendo forma l’idea bislacca di creare una narrazione immersiva, multimediale e interattiva. Erano settimane in cui era ancora hype il metaverso, e un contenuto ad hoc non lo escludevo come possibilità.
La metafora dell’automa non era ancora chiara e ben gestita. Qui il manicomio si era imposto come scenografia principale, con tutto il suo orrore, nonostante fossero robot a prendere coscienza e a essere internati.
Ero ancora immersa nella fase precedente, ricamando insieme scelte stilistiche errate e archetipi inadatti. Avevo chiari i conflitti—senza di essi non esiste narrazione, qualunque sia il mezzo espressivo scelto. A distanza di mesi, confermo quasi tutte le scelte fatte in tal senso.
L’incontro con il mentore: il teatro di Eduardo De Filippo
La Cantata dei giorni dispari è una raccolta di opere teatrali scritte da Eduardo De Filippo tra gli anni ’30 e ’70. Il titolo fa riferimento ai “giorni dispari” della vita, quelli più difficili, ed è in contrapposizione con la Cantata dei giorni pari, che raccoglie invece opere più leggere e ottimistiche.
Rivedere queste opere è stato un passaggio obbligato, ma naturale. Eduardo affronta temi che erano già al centro della mia ricerca: il pessimismo esistenziale, il contrasto tra realtà e illusione, il conflitto generazionale e il senso di emarginazione. In Napoli Milionaria!, Questi fantasmi! e La grande magia, la speranza si scontra con la durezza della realtà. In Filumena Marturano, il cambiamento della società si riflette nei rapporti familiari. Molti personaggi eduardiani vivono ai margini, alla ricerca di un posto nel mondo.


Sono temi universali, vivi e senza tempo. Sono elementi presenti in Il Viaggio della Matta, ma prima di affrontarli avevo bisogno di confrontarmi con chi mi ha preceduto.
Tra tutte le opere della Cantata dei giorni dispari, La grande magia è quella che più ha influenzato il mio percorso. Eduardo trasforma l’illusione in una condizione esistenziale, un meccanismo di difesa che si tramuta in prigione. Così ho introdotto il canto, ma la tappa musicale merita uno spazio tutto suo.
Anche nel mio lavoro, il rapporto tra realtà e percezione è diventato centrale: come Mariano nella sua scatola magica, i personaggi che stavo costruendo cercavano rifugio in una verità alternativa, incapaci di affrontare il guasto—tecnico o mentale—che li imprigionava.
Questa è stata la tappa più importante della prima fase del percorso. La moodboard si arricchiva di immagini che fondevano in modo caotico le mie ispirazioni. Qui tutti i limiti dell’intelligenza artificiale hanno contribuito a creare un set di immagini disturbanti, ma che ben rappresentavano quello che avevo in mente. L’anima grottesca del romanzo che sto scrivendo è nata in quelle settimane.


Gli ultimi, i dimenticati, i guasti, i non conformi prendevano forma insieme ai loro mondi. Ero ancora distante dalle soluzioni a cui sono giunta più avanti, ma questo è stato un punto di svolta fondamentale. Un altro risultato è la cancellazione di quella patina glamour che involontariamente stavo trasmettendo al progetto. La decadenza a cui ambivo è qui che emerge nella sua forma più pura. Ciclicamente sottraevo elementi, lasciar andare un’immagine non funzionale arricchisce. Il sovraccarico tematico non è mai una buona idea, volevo soffermarmi sui temi e i conflitti principali. Nei prossimi post parlerò di come ho selezionato i temi da trattare.
Esoterismo e scienza
Ho riflettuto su un altro aspetto centrale della mia cultura: il confine sfumato tra medicina e magia. Nel sud Italia, la tradizione esoterica è ancora profondamente radicata, e mi sono resa conto che poteva avere un ruolo significativo nel mio progetto.


La mia volontà non è di ridicolizzare la magia, anzi. Tengo a conferire a questo tema la dignità che merita. Le credenze popolari, in certi contesti, hanno più credibilità dell’innovazione scientifica. Alcune pratiche magiche hanno un impatto positivo sulla salute mentale degli individui e non intendevo trascurare questo aspetto. Si tende a guardare solo i danni causati da alcune credenze, e non voglio negarli, sia chiaro.
Le mie idee sono definite su tutti gli argomenti che ho deciso di trattare, ma non esprimo giudizi netti: non tocca a me tracciare i confini tra giusto e sbagliato. Non esiste una sola lettura degli eventi della vita, e intendo conservare questa visione fino all’ultima parola. Che non esista una verità univoca è il macro-tema del romanzo e ha determinato la scelta del narratore.


Cominciano così a entrare in scena nelle mie cartelle personaggi mistici e manipolatori, figure autorevoli ma senza credibilità, ognuno con le sue debolezze e i suoi poteri. Nessuno di essi è sopravvissuto nel romanzo, ma c’è molto di loro in quelli definitivi. Erano necessari per esplorare le ambiguità tra fede e inganno, tra speranza e sfruttamento. Alcuni incarnavano il potere delle credenze popolari, altri il limite della razionalità di fronte all’ignoto. In questo equilibrio precario tra magia e progresso, tra illusione e realtà, si è definita l’anima del romanzo.
L’elemento esoterico non è un orpello folkloristico, ma una chiave di lettura per comprendere come la mente umana cerchi costantemente significati, risposte e consolazioni. Così come nel teatro di Eduardo De Filippo l’illusione diventa uno strumento per affrontare (o eludere) la verità, nel mio lavoro la dimensione magica si insinua come una forza narrativa dominante che influenza le sorti della protagonista.


Da qui, l’idea per la storia ha preso una direzione, in equilibrio tra il grottesco e il tragico, tra il concreto e il simbolico. Usare le allegorie come strumento è forse stata l’unica costante stilistica, anche quando non avevo idea di quale sarebbe stato il punto di arrivo. Il viaggio era appena iniziato, ma dopo l’incontro con il mentore ero pronta a oltrepassare la soglia.
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