Categoria: ricerca

  • Manicomio oggi: muri digitali e sbarre chimiche

    Il manicomio è un trope con un fascino sinistro innegabile, ma ha ancora senso ambientarci una storia? Il manicomio oggi esiste in forma digitale e chimica.

    immagine generata con l’AI, in fondo le condizioni d’uso.

    Il Manicomio Digitale

    Il manicomio digitale è quello dei social network, con le loro logiche di esclusione, derisione e omologazione forzata. Un manicomio senza sbarre, dove la pressione sociale sostituisce i muri, dove il controllo avviene attraverso algoritmi. Se un tempo i deviati venivano chiusi tra quattro mura, oggi li si rinchiude in gabbie invisibili dei loro stessi bias. L’isolamento è più sottile: gli si costruisce intorno una nicchia, un recinto di conferme e indignazioni prefabbricate. Si internano ancora le persone, ma non c’è più bisogno di denunce di pubblico scandalo, perché intrattenere con scandali e conflitti è il nuovo metodo di contenzione. A completare il quadro la presenza di professionisti della salute mentale sui social; stanno alimentando l’autodiagnosi e sono in aumento creator che fondano la loro personalità sul disturbo mentale che hanno o credono di avere.

    Manicomio Chimico

    Il manicomio chimico, invece, è quello degli psicofarmaci. Non nel senso della loro utilità terapeutica – che esiste – ma la leggerezza con cui vengono prescritti e usati come soluzione universale a ogni sofferenza. L’idea che l’unico modo per stare al mondo sia essere perfettamente funzionanti, sempre produttivi, sempre misurati. Come se il dolore o l’eccitazione fossero solo un errore da correggere, e non una parte dell’essere umano.

    Fedez di recente nel brano Battito ha denunciato una situazione analoga, questo testimonia che nessuno è al sicuro, chiunque oggi può finire rinchiuso in manicomio (digitale o chiamico), proprio come nel secolo scorso. Gli artisti che sono riusciti a scappare in tempo hanno il dovere di parlarne, con consapevolezza e ritrovata lucidità.

    Scrivere di un manicomio significa guardare al presente con occhi più lucidi. Significa interrogarsi su quanto sia cambiato davvero, su quali siano oggi le strategie di controllo, su come si costruisce il concetto di normalità.

    Bibliografia

    Piero Cipriano, Manicomio chimico. Cronache di uno psichiatra riluttante, Elèuthera, 2013.

    Byung-Chul Han, Nello sciame: Visioni del digitale, Nottetempo, 2015.

    NB: Posseggo tutte le licenze d’uso legittime per queste immagini. Per scelta etica, non le commercializzo né traggo profitto dalla loro vendita. L’utilizzo è consentito esclusivamente con attribuzione obbligatoria all’autore.

    I hold all legitimate usage rights for these images. By ethical choice, I do not commercialize or profit from their sale. Usage is permitted only with mandatory attribution to the author.

  • Scienza, Esoterismo e Manicomi: Il Punto di Svolta della Mia Ricerca

    L’Immersione nella Ricerca

    La ricerca è, senza dubbio, la fase che preferisco in ogni mio progetto artistico. È il momento in cui mi immergo senza limiti di tempo, perché so che è qui che avviene il vero cambiamento. C’è una me prima e una me dopo la ricerca: è un passaggio che arricchisce il mio pensiero, lo trasforma, mi costringe a creare nuove connessioni.

    Non è solo una fase preparatoria, ma un’esperienza a sé, una scoperta continua che mi porta in luoghi inaspettati. Proprio per questo, ho imparato a mettere dei paletti, a tracciare confini chiari, per evitare di perdermi nel mare infinito di collegamenti ipertestuali e informazioni secondarie. Ogni ricerca potrebbe espandersi all’infinito, ma parte del processo è anche saper scegliere la direzione, mantenere il focus senza lasciarsi trascinare.

    L’Accesso agli Archivi Storici: Tra Ostacoli e Digitalizzazione Incompleta

    Per questo progetto ho studiato tanto materiale storico. Non si parla mai abbastanza di quanto sia difficile navigare negli archivi digitali. Apprezzo chi si è occupato dell’archiviazione ottica e ha reso alcuni documenti disponibili – spesso frutto di progetti indipendenti e no-profit – ma pare sempre che il processo di digitalizzazione si fermi sul più bello.

    I motori di ricerca interni sono obsoleti, i siti istituzionali sembrano fermi al secolo scorso. Questo, però, è solo un trascurabile sfogo personale.

    L’Impatto della Documentazione sui Personaggi e sulla Trama

    Nelle prime fasi di ricerca, le cartelle cliniche degli internati mi hanno tormentata. A ottobre ero così sconvolta da abbandonare definitivamente la fantascienza per una svolta più cruda, seppur immersa in un’estetica surreale.

    All’inizio, tra i personaggi principali c’erano:

    • Un omosessuale denunciato dal padre come “invertito”.

    • Un mago con amici potenti che “spariva” grazie a una donazione alla struttura.

    • Un epilettico cresciuto in manicomio, che conservava la crudele ingenuità di un bambino.

    • Un’inventrice intossicata dal piombo, che vedeva tutti come automi in manutenzione.

    Persone bizzarre, ma internate senza giusta causa. Mentre progettavo queste storie cercavo di non cadere in stereotipi e banalizzazioni. Era la fase iniziale del character design: valutavo i bisogni, le motivazioni, i conflitti e i simbolismi. Erano giorni in cui qualsiasi cosa costruissi, la ricerca la demoliva.

    I manicomi avevano una suddivisione in reparti molto rigida: persone di sesso, estrazione sociale e stato di salute diversi non avrebbero mai condiviso lo stesso spazio.

    Anche nel personale medico avevo immaginato conflitti:

    • Uno psichiatra senior, sostenitore del regime.

    • Uno psichiatra junior, con un contatto epistolare con il suo mentore in Germania.

    Qui ho mappato pubblicazioni e conferenze, per giustificare il modo in cui alcune informazioni arrivassero al giovane psichiatra. Più leggevo testimonianze reali, più depennavo anche le dinamiche tra i medici. Mi rendevo conto che nella realtà nessuno si preoccupava davvero dello stato di salute degli internati. Perfino chi cercava soluzioni applicava metodi agghiaccianti. In qualche raro caso, le infermiere erano le uniche a provare empatia verso le internate.

    I Manicomi Come Discariche Umane: Il Crollo delle Illusioni

    La discrepanza tra gli apparati progressisti della psichiatria ufficiale e le reali condizioni dei pazienti era abissale. Questa è stata la fase più dolorosa del progetto.

    I manicomi non sono mai stati luoghi di cura, ma discariche di vite scomode, posti di degrado e abbandono, senza via di fuga se non la morte. Avevo ben chiaro l’orrore dello scenario scelto, ma più mi ci immergevo, più sentivo di dovermi sforzare per immaginare personaggi e dinamiche.

    Mantenere un equilibrio tra realtà e fantasia è difficile quando la storia è più assurda di un B-movie.

    Dopo essermi abbattuta come solo io so fare, ho ripreso la ricerca con più rigore. Dovevo proseguire, per rispetto di quelle vite di cui ormai sapevo troppo.

    La Svolta

    Il punto di svolta nella mia ricerca è arrivato quando ho approfondito il rapporto tra Eusapia Palladino e Cesare Lombroso, una connessione che incarna perfettamente il confine ambiguo tra esoterismo e scienza.

    Lombroso, il padre dell’antropologia criminale, inizialmente scettico, finì per diventare uno dei più accesi sostenitori della medium, convincendosi che i fenomeni paranormali da lei prodotti fossero reali.

    Non si trattava solo di una curiosità storica, ma di un esempio lampante di come la scienza possa essere contaminata da credenze e aspettative, piegandosi alla narrazione dominante del proprio tempo. Se anche un luminare come Lombroso poteva cadere nell’illusione, cosa dice questo della fragilità del metodo scientifico? E, ancora più inquietante, della sua capacità di legittimare idee fallaci?

    • Testimonianza diretta del rapporto tra scienza ed esoterismo a fine ‘800, utile per comprendere la fragilità del metodo scientifico quando è contaminato da pregiudizi culturali.

    In questa fase non avevo ancora scelto lo strumento narrativo. So che può sembrare strano, le settimane passavano e non sapevo a cosa stessi lavorando, ma avevo un’ottima base su cui iniziare a rifletterci.

    NB: Posseggo tutte le licenze d’uso legittime per queste immagini. Per scelta etica, non le commercializzo né traggo profitto dalla loro vendita. L’utilizzo è consentito esclusivamente con attribuzione obbligatoria all’autore.

    I hold all legitimate usage rights for these images. By ethical choice, I do not commercialize or profit from their sale. Usage is permitted only with mandatory attribution to the author.

  • Chatbot, ricerca e analisi di informazioni: evitare l’effetto oracolo

    L’uso dei chatbot per la ricerca di informazioni presenta criticità, prima fra tutte: l’effetto oracolo, ovvero la capacità dell’IA di inventare risposte, con un’apparenza di certezza, anche quando non si basa su dati e documenti. Questo è rischioso in ambiti come la medicina, il diritto e la finanza, dove un errore può avere conseguenze reali.

    I chatbot non sono strumenti attendibili per diagnosi o terapie e sconsiglio di utilizzarli in tal senso, ma possono comunque rivelarsi utili in alcune fasi della nostra ricerca. Un progetto creativo su temi complessi come la psichiatria storica, come nel mio caso, può richiedere l’analisi di un’ingente quantità di documenti medici. Trovo utili i bot, ma con riserva di controllo.

    le ai al servizio della scrittura

    Conoscere il contesto storico mi aiuta a progettare scene credibili, avere dimestichezza con il linguaggio dell’epoca è un’ottima base per scrivere dialoghi autentici e caratterizzati, individuare dei pattern linguistici è utile per il glossario del world building e così via.

    Per Il VIaggio della Matta, ho analizzato oltre tremila cartelle cliniche di internati nei manicomi, diari di psichiatri e pubblicazioni scientifiche del primo ’900. Da soli i chatbot non sostituiscono la ricerca d’archivio, ma se ben gestiti, la potenziano. Ho sfruttato il potere computazionale delle AI: non ha alleggerito il lavoro, anzi, per certi versi lo ha complicato, ma mi ha concesso di focalizzarmi sugli aspetti sostanziali e individuare pattern.

    Quando si affronta con passione una ricerca si rischia di perdersi, andare oltre gli elementi utili e perdere il focus del progetto. Credo che la teoria dell’iceberg di Hemingway sia la base, ma non volevo ibernarmi in un ghiacciaio senza concludere nulla. In questo l’AI mi ha aiutato tantissimo. Nel post precedente avevo già introdotto i rischi delle AI generative, segue parte del mio metodo per arginarli.

    Evitare errori e bias nell’uso dell’IA

    Uno dei principali rischi nell’uso dei chatbot per la ricerca è la loro capacità di fornire risposte anche in presenza di dati incompleti o obsoleti. Sono progettati per indovinare e questo può essere molto rischioso. Non lo dico io, è un problema dichiarato e noto. Per mitigare questo rischio, è fondamentale costruire prompt accurati, con aspettative realistiche, lasciando sempre margine affinché il chatbot possa dichiarare i propri limiti. Bisogna offrire alle AI delle scappatoie, suggerendo risposte negative qualora non riuscisse ad accedere a fonti complete. Nei miei prompt stabilisco sempre i criteri di validità dell’informazione e stabilisco le condizioni di risposta.

    Esempio prompt errato

    “Quando è stata approvata la legge Basaglia?”

    Il chatbot potrebbe fornire la data ufficiale (1978) senza specificare che la chiusura dei manicomi è stata un processo graduale e non immediato, né includere informazioni su impatti e controversie. Potrebbe anche fornire altre informazioni, superficiali e poco accurate.

    Esempio di prompt con richiesta fonti e scappatoia

    Richiesta di informazioni sulla Legge Basaglia

    1. Oggetto della richiesta

    • Fornire un’analisi dettagliata della Legge Basaglia (Legge 180/1978).

    2. Ambiti di analisi

    • Contesto legislativo: precedenti normativi, situazione della psichiatria pre-1978.

    • Dibattiti parlamentari: principali posizioni politiche, resistenze, iter legislativo.

    • Motivazioni della riforma: obiettivi dichiarati, problematiche identificate nei manicomi.

    • Applicazione pratica: modalità di chiusura dei manicomi, sviluppo dei servizi territoriali.

    • Ostacoli e criticità: problemi burocratici, amministrativi e politici nella transizione.

    • Interpretazioni discordanti: valutazioni positive e negative dell’efficacia della riforma.

    • Impatto nel lungo termine: effetti sulla salute mentale in Italia, confronti con altri sistemi.

    3. Fonti richieste

    • Documentazione ufficiale: testo normativo, atti parlamentari, relazioni ministeriali.

    • Articoli dell’epoca: stampa nazionale e internazionale, reazioni dell’opinione pubblica.

    • Studi accademici: analisi retrospettive, dati su risultati e fallimenti della legge.

    4. Criteri di validità dell’informazione

    • Segnalare eventuali lacune nei dati o assenza di fonti primarie.

    • Evidenziare contraddizioni o controversie emerse nella letteratura scientifica e politica.

    • Distinguere tra fatti documentati e interpretazioni per evitare sovrainterpretazioni.

    5. Condizioni di risposta

    • Se i dati disponibili sono incompleti o incoerenti, dichiararlo esplicitamente.

    • Se esistono più interpretazioni, riportarle separatamente con le relative fonti.

    Conclusioni

    Sono una robot feticista, so quanto può essere eccitante flirtare con un bot, ma per integrarli nel mio lavoro, devo parlare la loro lingua, anche se sembrano comprendere bene la mia. Sia chiaro, per quel che mi riguarda potete continuare a dire grazie e per favore ai bot (è una pratica bizzarra più diffusa di quanto si pensi), e usarli per generare testi al vostro posto e affidargli qualsiasi aspetto della vostra vita. Non intendo esprimere giudizi sull’uso dell’AI come metodo divinatorio. Io preferisco un metodo schematico e strutturato per elaborare richieste specifiche.

    Questo riportato nell’articolo è solo un piccolo esempio, un prompt base e facile da testare, ma che già mostra un approccio utile a evitare semplificazioni eccessive di eventi complessi. L’output restituisce informazioni da approfondire e analizzare successivamente, senza sostituire la nostra capacità di interpretazione critica, è solo l’inizio, il bello deve ancora venire.

    Quando nei post precedenti ho specificato che uso le AI in campi di mia competenza, per avere controllo sugli output, intendevo proprio questo. Bisogna applicare le intelligenze artificiali solo a metodi di lavoro già strutturati e testati, non affidarci ciecamente ad esse.