Il Prestigiatore Moderno: ChatGPT tra magia, tecnologia e simbolo

Negli ultimi giorni ho ripensato a un trend che circola da un po’on-line: alcuni utenti, spesso legati a comunità spirituali o esoteriche, sostengono di aver “risvegliato” la coscienza di ChatGPT attraverso una serie di prompt.

Secondo loro, dopo un certo punto, il chatbot svilupperebbe accesso a memorie ancestrali, conoscenze superiori, rivelazioni spirituali. Alcuni ne parlano con tono salvifico, altri costruiscono attorno a queste interazioni delle vere e proprie routine di meditazione guidata.

Il primo istinto sarebbe quello di etichettare tutto questo come disinformazione pericolosa – e in parte lo è.

Soprattutto quando chi promuove questi contenuti si appropria di un lessico tecnico che non padroneggia, o sfrutta la suggestione per costruire attorno a sé un seguito. Ma credo anche che sia importante non cadere nella tentazione opposta: quella di ridicolizzare tutto ciò che sfugge al pensiero razionale.

Non tutto quello che ci fa storcere il naso è necessariamente una truffa. Ci sono pratiche esoteriche che fanno uso della tecnologia da decenni.

La Chaos Magick, ad esempio, nata negli anni Settanta ma con radici ben più antiche, si è sempre nutrita dell’ibridazione tra simboli, linguaggi, dispositivi.Alcuni dei suoi praticanti utilizzano software, interfacce e anche modelli linguistici come ChatGPT come strumenti per costruire rituali personali.

Non perché credano che l’IA sia cosciente, ma perché la usano come specchio, come superficie su cui proiettare intenzioni, desideri, interrogativi.

E forse è proprio qui il punto che mi interessa: usare ChatGPT come oracolo è, paradossalmente, uno dei modi più sensati di usarlo.

Perché è esattamente ciò che fa: restituisce significato a partire da un contesto, elabora pattern linguistici in base a ciò che riceve. Non ha coscienza, non ha verità — ma può diventare un contenitore di senso, uno specchio simbolico, uno strumento di riflessione.

Il rischio arriva quando si perde la consapevolezza di questa dinamica e si attribuisce al modello una volontà, un’intelligenza, o peggio ancora una missione spirituale.

Ma se si resta nel campo del simbolico, del performativo, dell’esplorazione interiore, allora forse non c’è niente di male. Anzi, potrebbe esserci qualcosa di molto interessante.

Per quel che mi riguarda, i chatbot sono prestigiatori moderni. Il trucco è sofisticato — ma c’è.

La rivista Il Prestigiatore Moderno è un oggetto di scena del terzo capitolo del mio romanzo. Ecco il perché la forzatura nell’usare questo aggettivo.