Manifesto artistico Antitecnocratico

la Tecnocrazia come Ambiente e Disillusione

Vivo immersa in un mondo di codici, interfacce e promesse algoritmiche. Non fuggo dalla tecnologia, ma ne contesto la presunzione di neutralità. Qui faccio appello a un approccio critico, personale e spudorato: rompere la reverenza e reclamare uno spazio umano.

Appropriazione di Parole Scomode

Mi rialzo dalle etichette, le scelgo e le riscrivo: matta diventa distintivo di libertà, non segno di colpa.

Tecnologia come Strumento di Resistenza

  • Uso l’IA con consapevolezza.
  • Ogni modello è politico: scardino la neutralità apparente dei dati.
  • Glitch e, in passato il circuit bending, come linguaggi sovversivi: l’errore è volontà e rifiuto insieme.

L’Artista dentro l’Automa

Non esiste diserzione: si resiste stando dentro la macchina. La mia pratica è rumorosa, sgraziata, a volte fallibile. Gli sbagli sono carburante di conoscenza: nessuna coerenza assoluta, solo ricalibrazioni continue.

Errori e Ricalibrazioni come Motore della Conoscenza

L’errore non è difetto, è metodo. Ogni sterrata creativa passa per la caduta: rialzarsi, rivedere, spostare il centro. In questo moto risiede l’accesso alla libertà.

Corpo, Identità e Autopresenza

Il corpo è campo di battaglia tecnologico. Wearable e installazioni non mi sostituiscono: mi restituiscono presenza. Profilo non è identità: identità è performativa, mutevole, da riscrivere.

Lentezza e Pubblico Non-Algoritmico

Scelgo il tempo dilatato degli archivi. Rifiuto il dogma dei like e dei contatori: privilegio lo scambio orizzontale, lento.

Verso un’Arte Antitecnocratica

Sono matta nel senso più radicale: corro incontro all’ignoto, abbraccio l’errore. La tecnologia è mio alleato e mio antagonista: la uso per restituire pensiero critico, fuori dal flusso servile degli algoritmi. Non cerco coerenza assoluta, cerco vie di fuga dalla normalizzazione.

Gli errori sono il mio linguaggio.