
La scultrice che con le sue protesi restituì dignità ai soldati che avevano subito gravi mutilazioni al volto durante il primo conflitto mondiale.
Anna Coleman Ladd era una scultrice formata a Parigi e Roma, conosciuta per busti e ritratti. Nel 1917, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, si trasferì a Parigi e venne a conoscenza del lavoro del Tin Noses Shop di Francis Derwent Wood, dove si realizzavano maschere in metallo per i reduci con gravi ferite facciali.

Ladd fondò l’American Red Cross Studio for Portrait Masks, specializzato in protesi estetiche individuali. Utilizzando gesso, rame galvanizzato e pittura a olio, modellava maschere sottili e leggere, adattate perfettamente ai lineamenti originali del paziente grazie a fotografie scattate prima della ferita. Le maschere, fissate con occhiali o nastri, erano dipinte a mano per imitare il tono della pelle e spesso includevano baffi o sopracciglia in pelo naturale.

Il suo lavoro non restituiva funzionalità, ma ridava identità: permetteva ai veterani di reintegrarsi nella vita sociale, alleviando lo stigma e lo shock visivo delle mutilazioni. Tra il 1918 e il 1919, il laboratorio di Ladd realizzò centinaia di maschere, diventando un simbolo di cura e dignità.
Dopo la guerra, tornò negli Stati Uniti e continuò la carriera artistica, ma il suo contributo più noto resta quello alle “maschere della speranza” — un connubio di arte, empatia e ingegno tecnico che anticipa il design protesico moderno.