
Come sarebbe la nostra vita senza lavatrice, forno a microonde, frigorifero, aspirapolvere? Per le generazioni contemporanee, è difficile immaginare un’esistenza priva di questi strumenti. Eppure, fino alla prima metà del Novecento, gli elettrodomestici non solo erano assenti, ma persino ritenuti superflui.
Le nostre nonne hanno vissuto un’epoca in cui ogni attività domestica era manuale, faticosa, ripetitiva.
I primi esperimenti di elettrificazione degli utensili risalgono alla fine dell’Ottocento. Solo con la diffusione del motore ad induzione sviluppato da Nikola Tesla, nei primi anni del Novecento, si iniziarono a ottenere risultati concreti in termini di automazione domestica.


Negli anni Venti emerge il concetto di “sicurezza domestica”: si progettano involucri protettivi per i motori, rendendo gli apparecchi più sicuri e fruibili. Ciò, insieme a una crescente attenzione al design, ne favorisce l’adozione. L’elettrodomestico diventa oggetto desiderabile, funzionale ma anche estetico, giustificando un prezzo ancora elitario.
Negli Stati Uniti si affermano rapidamente aziende come General Electric e Westinghouse; in Europa seguono AEG, Siemens, Braun, Philips. In Italia, la OMEF – Officine Meccaniche Eden Fumagalli nasce nel 1945 e si trasforma presto nella Candy, affiancata da marchi come REX e persino la FIAT, all’epoca attiva anche nella produzione di frigoriferi.

Tra gli anni Trenta e Sessanta, la diffusione degli elettrodomestici cresce in modo esponenziale. Negli anni Cinquanta, la tecnologia entra con forza nell’immaginario domestico: gli apparecchi diventano status symbol, la casa si trasforma, l’abitare si ridefinisce. Le famiglie visitano fiere e rassegne alla ricerca delle ultime innovazioni. Nel 1957, a Disneyland, viene presentata la celebre Casa del Futuro, interamente automatizzata.
Contemporaneamente, si moltiplicano i tentativi di costruzione artigianale di robot domestici: figure come Claus Scholz e Bernard Smith realizzano prototipi di “aiutanti meccanici”, alimentando un filone culturale tra fantascienza e sperimentazione, ben rappresentato nel cinema italiano da titoli come Io, tu e Caterina (1980) con Alberto Sordi.
Negli anni Sessanta e Settanta, in piena era spaziale, la tecnologia entra nel quotidiano con nuove forme e nuove promesse: le forme diventano curve, i materiali brillanti, il design si ispira alla fantascienza. L’elettrodomestico non è più solo utile: è moderno, futuribile, desiderabile. Le donne futuriste degli anni Settanta immaginano case automatizzate, dove tecnologia ed estetica si fondono.
Gli anni Ottanta segnano un’ulteriore svolta: gli home computer entrano nelle abitazioni, gli aspirapolvere diventano turbo, nascono i robot da cucina, le gelatiere domestiche, e il boom economico consente un accesso più ampio all’elettronica di consumo. L’ottimismo tecnologico si riflette nei cataloghi, nelle pubblicità, nei colori delle superfici.
Ma è proprio in questo decennio che qualcosa si incrina: le forme morbide e pop degli anni Sessanta lasciano spazio a un gusto più ibrido, dove il moderno convive con il kitsch e il domestico ritorna nostalgico. La casa non è più una navicella, ma un luogo di stabilità, educazione, vita familiare. Le VHS registrano ambienti familiari rassicuranti, più rustici che futuribili. Il sogno della casa automatica sfuma in favore di un nuovo equilibrio: tecnologia e tradizione iniziano a coesistere.


Negli anni ’20 nasce il concetto di “sicurezza domestica” e vengono create le prime scocche protettive per rivestire i motori degli elettrodomestici, ne consegue, negli anni ’30, una maggiore diffusione. Il merito è anche di una certa ricercatezza estetica, che insieme alla praticità, ne giustifica il prezzo elevato.
In America si affermano da subito due aziende: la General Electric e la Westinghouse. Seguono in Europa AEG, Siemens, Braun e Philips. In Italia nasce nel 1945 la OMEF (Officine Meccaniche Eden Fumagalli) che successivamente diventerà Candy e con lei si affermano sul mercato la REX e la FIAT, che all’epoca produceva frigoriferi.

