
Una ruota dentata, una vite, mi commuovono quanto un girasole. Questo teatro di movimenti predestinati, in cui una piccola esitazione, un ritardo, può cagionare un disastro, mi avvince, mi esaspera
Il poeta delle due culture e la bellezza delle macchine
“Una ruota dentata, una vite, mi commuovono quanto un girasole.”
Con questa frase, tratta da Furor Mathematicus (1950), Leonardo Sinisgalli riassume in modo essenziale la sua poetica: la bellezza della tecnica, della precisione, della forma funzionale — non come negazione dell’arte, ma come suo equivalente.
In un’Italia divisa tra umanesimo letterario e modernizzazione industriale, Sinisgalli è una figura anomala e preziosa: poeta, ingegnere, pubblicitario, saggista, designer culturale, costantemente in bilico tra due mondi apparentemente inconciliabili.
Scienza come lirica
Nato in Basilicata nel 1908 e laureato in ingegneria a Napoli, Sinisgalli si muove fin da subito nei territori di confine. Frequenta le avanguardie letterarie e artistiche, collabora con Olivetti, Eni, Pirelli e Montecatini, ma al tempo stesso pubblica raccolte poetiche e riflessioni visionarie.
Nel suo libro più emblematico, Furor Mathematicus, la matematica non è fredda logica ma tensione esistenziale. È un furor, un’ossessione creativa, una forma di poesia esatta. Scrive:
“Questo teatro di movimenti predestinati, in cui una piccola esitazione, un ritardo, può cagionare un disastro, mi avvince, mi esaspera.”
Non si tratta di un elogio cieco della macchina: la meccanica lo commuove perché fragile, quasi organica. La ruota dentata può fallire come un cuore, la vite può slittare come un sentimento. È una visione pre-cybernetica in cui ogni sistema è anche dramma.
Le due culture, senza gerarchia
Ben prima del famoso saggio di C. P. Snow (The Two Cultures, 1959), Sinisgalli teorizza e pratica l’unità tra sapere tecnico e pensiero poetico. Non come contaminazione, ma come continuità simbolica:
– La poesia può parlare di tubi, bulloni, cemento.
– La tecnologia può generare emozione, forma, mito.
Non a caso fu il primo a portare i poeti in fabbrica (con la rivista Civiltà delle macchine), e le macchine nella poesia.
Eredità e attualità
Leonardo Sinisgalli muore nel 1981. Ancora oggi, la sua opera è di rara attualità. In un’epoca dove arte e tecnologia sono spesso in conflitto — o fuse in modo acritico — Sinisgalli ci offre una terza via:
Poetizzare la tecnica senza mitizzarla
Riconoscere bellezza anche dove si ripete il gesto produttivo.