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PDP-1

proggrammed Data Processor-1
Il Computer che Aprì l’Era dell’Interattività

Il Programmed Data Processor-1 (PDP-1), presentato da Digital Equipment Corporation (DEC) nel 1959, fu un progetto radicalmente diverso rispetto ai grandi mainframe del tempo. Dove la maggior parte delle macchine era concepita per eseguire batch di calcoli offline, il PDP-1 venne ideato per essere utilizzato direttamente dall’operatore, con risposte immediate. Questa filosofia, voluta dall’ingegnere Ben Gurley (ex MIT), inaugurò un nuovo paradigma: il calcolo come esperienza interattiva. Non a caso, il PDP-1 è considerato la culla della cultura hacker e della creatività informatica, ospitando tra le altre cose Spacewar! (1962), uno dei primi videogiochi digitali.

DEC PDP-1 — Technical Overview

Manufacturer: Digital Equipment Corporation (DEC)

Year Introduced: 1959

Original Price: ~120,000 USD

Type: 18-bit minicomputer

Word Length: 18 bits

Memory: 4,096 words (core memory, 5 µs cycle)

Clock Speed: ~200 kHz

Input Devices: Paper tape reader, console switches

Output Devices: Paper tape punch, CRT display (Type 30)

Peripherals: High-speed punched tape, experimental disk storage

Notable Software: Spacewar! (1962)

Architectural Notes: Serial processing, accumulator-based design

Il PDP-1 fu il primo computer DEC pensato per l’interazione diretta con l’utente e per applicazioni grafiche sperimentali, anticipando l’uso dei calcolatori in ricerca, simulazione e intrattenimento.

Architettura e Specifiche

Il PDP-1 era un computer a parola di 18 bit, con aritmetica in complemento a uno. La sua memoria principale di base era composta da 4096 parole, equivalenti a poco più di 9 KB, ma poteva essere espansa fino a 65.536 parole. Il tempo di ciclo della memoria era di circa 5,35 microsecondi, mentre le operazioni aritmetiche richiedevano in media 10,7 microsecondi; ciò si traduceva in una velocità di esecuzione di circa 93.000 istruzioni al secondo, un risultato notevole per l’epoca.

Sul piano tecnologico, la macchina era realizzata con 2.700 transistor e 3.000 diodi, organizzati nei moduli standardizzati DEC denominati System Building Blocks, montati in armadi rack da 19 pollici. Il design modulare non solo semplificava la manutenzione, ma permetteva anche di configurare il sistema secondo le esigenze dell’utente.

Input/Output e Periferiche

Il sistema disponeva di una gamma di periferiche allora all’avanguardia. L’interazione avveniva tramite teletype (modificato per adattarsi alla logica di sistema), lettore e perforatore di nastri di carta, e soprattutto il display CRT Type 30, in grado di visualizzare grafica vettoriale ad alta velocità. Questa capacità grafica, abbinata alla light pen, apriva alla possibilità di manipolare oggetti direttamente sullo schermo, una funzionalità quasi fantascientifica nel 1959. In aggiunta, erano disponibili memorie di massa opzionali, come tamburi magnetici, che ampliavano le capacità di archiviazione.

L’intero sistema pesava circa 730 chilogrammi, ma il layout compatto rispetto ai mainframe contemporanei ne facilitava l’installazione in laboratori e università.

Prezzo e Diffusione

Il prezzo di listino del PDP-1 era di circa 120.000 dollari, equivalenti a più di 1,2 milioni di dollari attuali. DEC produsse 53 unità tra il 1959 e il 1969, e diverse rimasero operative fino alla metà degli anni ’70. Oggi ne sopravvivono pochissimi esemplari completi, custoditi in musei come il Computer History Museum di Mountain View, dove uno è stato restaurato e reso nuovamente funzionante.

Origini e Influenza Culturale

Il PDP-1 discendeva direttamente dai computer sperimentali TX-0 e TX-2 sviluppati al MIT, dai quali mutuò molte idee architetturali e l’approccio interattivo. Fu proprio questa caratteristica a renderlo il fulcro della nascente comunità hacker del MIT: il PDP-1 non era una “macchina aziendale” isolata in un data center, ma uno strumento creativo accessibile agli studenti e ai ricercatori.

Su di esso nacquero esperimenti pionieristici: Spacewar! di Steve Russell e colleghi dimostrò che il computer poteva essere anche una piattaforma ludica e artistica; il BBN Time-Sharing System sviluppato nel 1962 aprì la strada alla condivisione di calcolo in tempo reale; furono creati i primi editor di testo interattivi, i primi word processor e anche composizioni di musica computerizzata.

Il PDP-1 divenne così un vero catalizzatore di innovazione, non solo tecnica ma anche sociale: mise in contatto programmatori, ingegneri e artisti in un ecosistema fertile che avrebbe influenzato lo sviluppo dell’informatica per decenni.

Eredità

L’eredità del PDP-1 è visibile non solo nelle architetture successive della famiglia PDP di DEC, ma in tutto il concetto di personal computing. La sua filosofia di “immediatezza” e di progettazione orientata all’utente avrebbe trovato eco nei primi microcomputer degli anni ’70 e ’80. Oggi il PDP-1 è ricordato come il primo computer “convivial” nel senso di Ivan Illich: una macchina che invitava all’esplorazione e all’appropriazione creativa.

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