
SIDE-SHOW ROBOT MAN c.1935
Origin: France (fun fairs, burlesque)
Type: Human performer as robot
Media: Photo by Gaston Paris (Roger-Viollet)
Note: Pre-robotic spectacle · mechanical mimicry
Il robot era già uno spettacolo
Prima ancora che i robot diventassero strumenti o personaggi della fantascienza cinematografica, esistevano già nei teatri di varietà, nei circhi e nel burlesque. Negli anni ’30, tra Francia e Stati Uniti, iniziarono a circolare performer noti come “Robot Man”, figure umane che imitavano con movenze lente, meccaniche e ipnotiche la presenza di una macchina umanoide.
Questi atti venivano spesso presentati come attrazioni da sideshow: un uomo che “non è un uomo”, una macchina vivente. In realtà, si trattava di attori truccati e vestiti con elementi metallici, talvolta accompagnati da luci o effetti scenici. Il loro compito non era lavorare, ma stupire, inquietare, intrattenere.
Uno dei casi più noti è quello del Robot Man francese del 1935, apparso in fiere e spettacoli di varietà, e quello dell’americano Jose Lisso, performer del Minsky’s Republic Burlesque Theatre di New York. Il suo numero prevedeva passi rigidi, rotazioni lente e posture da manichino, in un gioco ambiguo tra automa e caricatura.
Robot come corpo esposto
Queste performance anticipano un tratto fondamentale della cultura dei robot: non servono ancora a nulla, ma mostrano qualcosa. Sono incarnazioni simboliche del controllo, della ripetizione e del desiderio di trasformare il corpo in macchina. Ma nel contesto del burlesque, tutto ciò si rovescia nel gioco, nella parodia, nella messa in scena dell’assurdo.
Il Robot Man da palcoscenico non era un’anticipazione ingenua della robotica: era una riflessione corporea, comica e visiva sulla modernità, un modo per danzare con l’idea di macchina prima che questa si facesse reale.




